Formazione continua in Italia, scenario, dati emersi ed evoluzioni

In seguito alla recente pubblicazione del XXII e del XXIII Rapporto sulla formazione continua in Italia, destinati al Parlamento, abbiamo intervistato i due coordinatori degli studi realizzati, Roberto Angotti e Davide Premutico.

Roberto Angotti è Primo Ricercatore Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche), responsabile del Gruppo di ricerca “Formazione continua e Apprendimento degli adulti” e National coordinator per l’Italia della Rete europea sull’Istruzione e la Formazione Professionale “ReferNet” del Cedefop. Mentre, Davide Premutico è Responsabile della II Struttura di ricerca e consulenza tecnico scientifica “Monitoraggio e valutazione della formazione professionale e del Fondo Sociale europeo”, (ex Anpal, ora Inapp) e Coordinatore nazionale del Punto di Coordinamento Nazionale per European Qualifications Framework (PCN EQF).

Abbiamo posto loro alcune domande, le prime due sono state destinate a Roberto Angotti, mentre i successivi tre quesiti sono stati rivolti a Davide Premutico. Domanda e offerta di formazione in Italia, transizioni digitale e verde, trend e policy formative dei Fondi, analisi condotte da Fondoprofessioni e prospettive evolutive, sono i principali temi trattati dai due esperti.

Angotti, come sono cambiate la domanda e l’offerta di formazione continua in Italia, negli ultimi anni, secondo quanto rilevato nei recenti Rapporti sulla formazione continua di Inapp e Anpal?

Sul piano quantitativo, nonostante il forte impatto provocato dallo shock pandemico, negli ultimi anni si sono registrati interessanti segnali di crescita, con una dinamica positiva sia nei livelli di partecipazione formativa degli occupati che degli investimenti formativi da parte delle imprese. Tuttavia, nel primo caso l’Italia rimane ancora al di sotto della media europea, occupando la 18° posizione, mentre nel secondo caso la situazione è migliore (15° posto nel ranking europeo) ma non ancora soddisfacente.

Alcune interessanti tendenze sulla natura dell’evoluzione registrata dagli indicatori consentono di ipotizzare la direzione delle trasformazioni in atto, in risposta alle nuove esigenze del mercato del lavoro e alle sfide economiche e sociali. Un primo punto in tal senso riguarda la crescente presa di consapevolezza, da parte di alcune tipologie di imprese, della necessità di offrire percorsi di apprendimento personalizzati ai propri addetti, anche se ancora soprattutto in chiave di inclusione dei soggetti svantaggiati, attraverso l’adozione di pratiche di age e diversity management. Un secondo aspetto può essere rinvenuto nella maggiore diffusione di strumenti diagnostici che consentono di allineare i fabbisogni con l’offerta formativa, al fine di garantire una crescita qualitativa della domanda delle imprese e favorire l’ingresso di professionalità più qualificate nel mercato del lavoro, riducendo il mismatch delle competenze. In termini generali, si è assistito ad un aumento della diversificazione delle priorità formative, con un maggiore focus sulla transizione digitale rispetto alla transizione ecologica e ad un mantenimento della concentrazione dell’innovazione nelle grandi imprese.

Alcune tendenze strutturali continuano ad influenzare l’evoluzione del sistema formativo, evidenziando la complessità e la necessità di adattamento per rispondere alle sfide attuali e future del mercato del lavoro. La ridotta dimensione aziendale rimane uno dei principali fattori condizionanti, insieme ai divari Nord/Sud, all’ invecchiamento demografico e ai bassi tassi di accesso alle opportunità formative per i gruppi vulnerabili, con basso livello di istruzione o qualificazione professionale.

Questi cambiamenti evidenziano la necessità di adattare l’offerta formativa alle nuove dinamiche del mercato del lavoro e di promuovere un sistema di formazione continua più flessibile, personalizzato e orientato alle esigenze emergenti.

Quali cambiamenti sono emersi nell’ambito della formazione continua con riferimento al tema delle transizioni digitale e verde?  

L’evoluzione verso un’economia digitale e sostenibile richiede un costante aggiornamento delle competenze per adattarsi alle nuove esigenze del mercato del lavoro.  I cambiamenti emersi nell’ambito della formazione continua evidenziano l’importanza di sviluppare competenze adeguate per affrontare le sfide legate a questi due ambiti cruciali.

Riguardo alla Transizione digitale, l’importanza dello sviluppo delle competenze necessarie per gestire la transizione verso un’economia digitale inclusiva è stata sottolineata con l’adozione di politiche che hanno evidenziato la necessità di costruire sistemi più resilienti e innovativi.

In particolare, si è registrato fra le imprese un aumento dell’uso della formazione a distanza, sincrona o asincrona, associata allo smart working, come conseguenza del ricorso alle nuove tecnologie digitali e si è rafforzato il ruolo del digitale, sia come componente tecnologica che sociale, che ha assunto un ruolo decisivo nella trasformazione dei processi lavorativi e delle modalità di lavoro, inclusa la diffusione dello smart working.

L’integrazione di nuove metodologie di digital learning con la formazione in presenza, considerate come nuove tendenze per il futuro mira a ripensare la formazione per l’era digitale, come descritto nel “Piano europeo d’azione per l’istruzione digitale 2021-2027”.

Riguardo alla Transizione verde, è emersa una crescente consapevolezza dell’importanza di sviluppare competenze ecologiche per affrontare le sfide della transizione verso un’economia più sostenibile. Ciò ha riguardato: una maggiore consapevolezza sull’importanza di intervenire per contenere le emergenze ambientali e promuovere una riconversione ecocompatibile dei settori produttivi; il riconoscimento dell’l’importanza di investire nella formazione per favorire la transizione ecologica, promuovendo lo sviluppo di competenze che supportino l’implementazione di pratiche sostenibili nei luoghi di lavoro e nella società; la necessità di definire criteri per raccordare l’offerta formativa con la riqualificazione di competenze e profili professionali in chiave sostenibile, promuovendo l’impiego di processi ecosostenibili e la qualità dei prodotti.

Premutico, quali trend e policy formative prevalenti avete rilevato con riferimento ai Fondi interprofessionali?

In futuro i Fondi interprofessionali saranno sempre più chiamati a compartecipare alle politiche attive del lavoro estendendo competenze e target su cui potranno agire. In questa direzione sono stati già operati passi attraverso il Fondo Nuovo Competenze e il recupero del finanziamento dei 120 milioni, tramite il cosiddetto comma ‘242’. Le due iniziative, che hanno natura e forma diversa, si inquadrano all’interno di una più vasta cornice in cui i soggetti privati, nel ruolo pubblico, sono chiamati a supportare le strategie di policy a livello nazionale e territoriale.

Ulteriore aspetto, su cui in parte i finanziamenti dei Fondi interprofessionali si stanno già concentrando, è il supporto alle tecnologie basate su intelligenza artificiale. È questo un tema ancora controverso, soprattutto poiché il mercato delle tecnologie rischia di creare forti asimmetrie nell’accesso all’IA tra piccole imprese da una parte e grandi imprese dall’altra. In questo senso la formazione finanziata dai Fondi Interprofessionali sarà sempre più chiamata a concentrarsi su due specifici aspetti. Da una parte, consentire la creazione di reti multi-soggetto di competenze per la IA a supporto delle micro e piccole imprese, estendendo la formazione anche a figure di lavoratori non dipendenti, dall’altra, formare più figure tecniche in grado di facilitare l’assorbimento delle tecnologie di IA con lo scopo di ridurre il gap in termini di competitività accumulato negli ultimi 20 anni dalle imprese italiane.

Guardando allo spaccato offerto dal 1° Rapporto sulla formazione continua di Fondoprofessioni, quali dati e aspetti risultano particolarmente significativi?

Nel suo insieme il Rapporto risulta interessante nella sua tripartizione, con una prima parte di scenario complessivo sulla formazione continua in Italia, una seconda dedicata alle attività del Fondo e una terza in cui si riportano i risultati di indagini campionarie effettuate su imprese e lavoratori. Proprio rispetto a quest’ultima vi sono alcuni interessanti spunti da evidenziare.

In primo luogo, emerge una forte consapevolezza rispetto ai temi e ai fabbisogni della formazione per entrambi i gruppi intervistati, con uno sguardo verso le sfide poste dalla contemporaneità, a partire dal potenziamento sempre più necessario delle competenze digitali, che risultano quelle maggiormente in crescita, e quelle contestuali alla professione svolta. Nonostante ciò, sembra non secondaria la quota di formazione legata a adempimenti normativi, che rende la formazione finanziata dal fondo ‘meno proattiva’.

Inoltre, si conferma come la formazione basata sull’esperienza diretta (training on the job) sia considerata più efficace al pari della formazione più tradizionale (interattiva frontale).

Infine, il Rapporto in prospettiva potrebbe dare maggiore enfasi a due aspetti, da una parte l’evidenza dei processi di attestazione/certificazione delle competenze acquisite, dall’altra le pratiche di valutazione e/o efficacia della formazione finanziata.

Quali prospettive e tendenze intravedete nell’ambito della formazione continua in Italia? Quale ruolo potranno avere i Fondi interprofessionali in questo scenario?

La domanda vede necessariamente una risposta in linea con quanto già espresso nella terza domanda. In particolare, la vera sfida per i Fondi interprofessionali sarà quella di conciliare le esigenze di ‘gestori’ di policy nazionali per la formazione con quelle di dare risposte rapide a fabbisogni formativi i cui contenuti hanno un ciclo di vita estremamente breve in alcuni ambiti. Ciò, ad esempio, mette in crisi alcuni strumenti normalmente utilizzati per facilitare l’offerta/domanda di formazione, quali i cataloghi che potrebbero risultare estremamente statici. Allo stesso tempo vanno considerate e potenziate sempre più modalità di finanziamento just in time. Inoltre, come noto, la ormai imminente pubblicazione del decreto legge sull’estensione dell’erogazione dei servizi di IVC, che vede i Fondi interprofessionali quali ‘soggetti titolari’ nell’ambito della formazione continua di competenza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, renderà sempre più necessario orientare e finalizzare i processi formativi attorno ai percorsi formativi personalizzati dei lavoratori, ovviamente sempre nel perimetro delle esigenze aziendali.